L’ascite è una condizione caratterizzata dall’accumulo anomalo di liquido all’interno della cavità addominale, che può avere diverse cause, tra cui patologie epatiche (come la cirrosi), malattie cardiache, infezioni o processi neoplastici. Questo fenomeno porta ad un aumento della circonferenza addominale, che spesso si accompagna a sintomi debilitanti come difficoltà respiratorie, senso di pesantezza e un marcato disagio fisico.
Il liquido che si accumula nell’addome non solo altera l’aspetto esterno del corpo, causando un gonfiore evidente, ma può anche comprimere gli organi interni, compromettendo il normale funzionamento dell’apparato respiratorio e digestivo. Di conseguenza, chi soffre di ascite può sperimentare una significativa riduzione della qualità della vita, trovandosi a dover affrontare limitazioni sia nelle attività quotidiane che nei movimenti più semplici.
L’ascite può essere indicativa di una condizione di salute già compromessa, ed è essenziale che venga riconosciuta e trattata tempestivamente per evitare complicanze ulteriori. Il monitoraggio costante e un approccio terapeutico multidisciplinare sono fondamentali per gestire efficacemente questa problematica, migliorando il comfort del paziente e riducendo i sintomi correlati.
Come si Cura l’ Ascite?
La paracentesi rappresenta una procedura di rapida e sicura esecuzione, consiste nel drenaggio all’esterno del liquido. È possibile controllare l’ascite con la terapia diuretica a dosaggio crescente per controllare il versamento, ma spesso è necessaria la paracentesi, soprattutto in caso di ascite di nuova insorgenza per consentire l’analisi del liquido o quando la terapia diuretica non è sufficiente a controllare il versamento.
Come si svolge la procedura?
La tecnica per la paracentesi, ovvero il drenaggio del liquido ascitico dalla cavità addominale, può variare in base all’esperienza e alle linee guida seguite dal singolo centro medico. Questa procedura si avvale di kit commerciali appositi o di cateteri venosi simili a quelli comunemente utilizzati per la puntura delle vene, e viene eseguita in condizioni di assoluta sterilità per ridurre al minimo il rischio di infezioni.
Il punto di accesso per la puntura e il drenaggio viene scelto con attenzione in base a criteri anatomici specifici. Uno dei siti più frequentemente utilizzati si trova lateralmente all’ombelico, sia sul lato destro che su quello sinistro, garantendo un accesso sicuro al liquido. In alternativa, è possibile optare per un approccio lungo la linea mediana dell’addome, a circa 2 cm sotto l’ombelico, dopo aver provveduto allo svuotamento della vescica per evitare interferenze durante la procedura.
Il quadrante inferiore sinistro dell’addome è spesso preferito per la paracentesi, poiché in questa area la parete addominale è generalmente più sottile e il liquido tende ad accumularsi in maggiore quantità, facilitando così il drenaggio. Prima dell’inizio della procedura, viene solitamente eseguita un’anestesia locale con lidocaina, che permette di ridurre il dolore e il disagio del paziente.
Se la paracentesi viene eseguita a scopo esplorativo, ad esempio per analizzare il liquido e diagnosticare la causa dell’ascite, è sufficiente prelevare circa 50 ml di liquido ascitico, che verranno poi sottoposti a esami di laboratorio standard per valutare la composizione e l’eventuale presenza di infezioni, cellule tumorali o altri elementi patologici.
Vantaggi e Svantaggi della Paracentesi Evacuativa
Il principale vantaggio della paracentesi è la capacità di risolvere rapidamente l’accumulo di liquido ascitico, una condizione che altrimenti richiederebbe l’impiego di alti dosaggi di diuretici, i quali spesso comportano effetti collaterali significativi. Questo approccio permette un miglioramento immediato dei sintomi e del comfort del paziente, senza dover ricorrere a trattamenti farmacologici prolungati e potenzialmente gravosi.
Tuttavia, la procedura non è esente da rischi. Tra gli svantaggi più comuni vi è la possibilità di sviluppare sindromi ipotensive subito dopo l’intervento, caratterizzate da un abbassamento della pressione arteriosa. Nei giorni successivi alla paracentesi, può inoltre verificarsi un peggioramento della funzione renale, particolarmente in pazienti già vulnerabili o affetti da patologie croniche.
Per ridurre al minimo queste complicanze, soprattutto in caso di drenaggio di grandi volumi di liquido (oltre i 5 litri), è raccomandata l’infusione di albumina alla fine della procedura. Questa proteina aiuta a mantenere un equilibrio adeguato nei fluidi corporei e a prevenire gli effetti collaterali legati all’improvviso spostamento di liquidi, migliorando la stabilità emodinamica del paziente e proteggendo la funzione renale.
Possibili Complicanze Maggiori correlate alla procedura:
In una vasta serie di casi, comprendente oltre 4500 paracentesi, l’incidenza di emorragie severe è risultata estremamente bassa, inferiore allo 0,2%. Quando si verifica, è solitamente dovuta a complicazioni come la puntura accidentale dell’arteria ipogastrica inferiore o la formazione di ematomi nella parete addominale. Il rischio di emorragia è maggiore nei pazienti con una grave compromissione della funzione renale, per i quali è spesso necessaria una sorveglianza post-procedura prolungata.
Per quanto riguarda il rischio di perforazione di organi interni, come l’intestino o la vescica, questo è quasi inesistente, soprattutto nei casi di ascite tesa, dove l’abbondante presenza di liquido fornisce un margine di sicurezza maggiore. Nei casi in cui l’accumulo di liquido sia più limitato, si può ricorrere all’ausilio di una sonda ecografica per guidare la procedura e ridurre ulteriormente il rischio di complicazioni.
Nonostante l’alta sicurezza della paracentesi, è comunque possibile che si verifichino complicanze minori o impreviste. Tuttavia, la procedura rimane generalmente ben tollerata e sicura, soprattutto se eseguita da personale medico esperto e in contesti adeguati.
Per informazioni:
Dr. Francesco Paolo De Lucia
Medico Chirurgo – Cure Palliative – Terapia del dolore
Med. Responsabile “Fondazione Clotilde – Cure Palliative”
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